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Brigantaggio nella contea di Gattara. La cattura del Goracci nel castello di Bascio

Sul finire del XVI secolo la città di Sansepolcro era "assediata" da gruppi di ribelli e banditi, tanto che gli abitanti non osavano uscire dalle mura cittadine, spaventati com'erano da tali criminali che avevano seminato morte e disordini. 

Il problema era aggravato dal fatto che tali gruppi potevano, una volta effettuate le loro scorribande, rifugiarsi negli Stati limitrofi. Tra questi stati figuravano: la Contea di Gattara/Scavolino, un feudo imperiale quindi sovrano e non soggetto alle leggi né toscane né pontificie, e la Contea di Montauto, feudo imperiale mediato.  

Ciò avveniva nonostante esistessero tra i conti di Gattara e di Montauto accordi di accomandigia con la Toscana*. 

I conti di Montauto si adoperarono per cercare la pace tra i ribelli e la città biturgense, e il patteggiamento sembrava aver preso la giusta direzione quando il conte Pietro di Gattara si fece garante per i ribelli/banditi Goracci e Graziani, dando loro asilo in piena sicurezza nel suo castello di Bascio, mentre sarebbero proseguite le trattative per la pace.

Il principe di Firenze, che in più occasioni, e per diversi mesi, aveva cercato di liberarsi di questi criminali, saputo che Goracci e Graziani dimoravano nel territorio del conte Pietro, in maniera alquanto sleale, ne organizzò in segreto la cattura. 

La Toscana clandestinamente inviò alcuni fanti di Valdibagno e Badia. Partiti di notte con l'obiettivo di prendere i banditi vivi o morti, raggiunsero il castello di Bascio e circondarono le case dove dimoravano il Goraccio e Graziani; posto l'assedio, aspettarono il giorno per agire in sicurezza. 

I fanti inviati da Firenze quindi appiccarono il fuoco alle fascine e alla legna che nella notte avevano accatastato attorno alle abitazioni. Il Goracci e suoi compagni, sentendosi in trappola, cominciarono "con gli archibusi a difendersi saettando gli assalitori". 

Nel frattempo, il rumore degli archibugi aveva destato la popolazione di Gattara e il conte Fabio, nipote del conte Pietro, che dimorava nel castello di famiglia.  

Partito alla volta di Bascio il conte Fabio, vedendo che il fuoco stava per divampare in tutto il castello di Bascio, cominciò a esortare il Goracci consigliandogli la resa, ma il ribelle che non voleva saperne di arrendersi rispose che "amando meglio morire con l'armi in mano che venire in potere di giustizia". 

Le cronache raccontano che il conte Fabio non demorse, e seppe così ben argomentare che Goracci e dodici dei suoi fieri compagni si arresero. 

I banditi, a quel punto, furono condotti a Gattara e, nonostante il conte Pietro avesse nuovamente fatto da garante, vennero prelevati e condotti in Firenze "de' quali poi si fece giustizia esemplare e la Citta del Borgo, ne fu sanata." 

 

*L'equivalente dei moderni accordi bilaterali tra nazioni; in sostanza, le contee si mettevano sotto la protezione di Firenze pur mantenendo la propria indipendenza. 

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